STEP4) MITOLOGIA E NARRAZIONE




La parola mito deriva dal greco "mythos" (μῦθος) e significa "racconto".
Un racconto dalle parole efficaci e dotate di valore pratico, capaci di indurre riflessioni  negli ascoltatori e influirne poi le azioni.
La mitologia serve a veicolare fondamenti morali e le credenze religiose su cui poggia la struttura sociale dei popoli dell'antichità.

«Studiato dal vivo, il mito non è una spiegazione che soddisfi un interesse scientifico, ma la resurrezione in forma di narrazione di una realtà primigenia, che viene raccontata per soddisfare profondi bisogni religiosi, esigenze morali, esso esprime, stimola e codifica la credenza; salvaguarda e rafforza la moralità; garantisce l'efficienza del rito e contiene regole pratiche per la condotta dell'uomo. Il mito è dunque un ingrediente vitale della civiltà umana; non favola inutile, ma forza attiva costruita nel tempo.»
(Bronislaw Malinowski)

Non esiste cultura che non abbia i suoi miti e molti si assomigliano, pur appartenendo a popoli molto diversi tra di loro (es. mito del diluvio universale).


ETICA CAVALLERESCA: difesa dei deboli




In una scena del Lancillotto, il cavaliere si trova ad affrontare un duello interiore, un duello di valori morali.Abbattuto e disarmato il nemico, una dama assetata di sangue, chiede al cavaliere la testa del nemico.Proprio qui, egli viene colpito dal conflitto interiore fra la lealtà che gli impedisce di colpire il nemico indifeso, e la generosità (tipica dell'amor cortese) di esaudire le richieste di una dama.


“Ora il cavaliere è tanto imbarazzato che indugia per riflettere: farà dono della testa a colei che lo esorta a tagliarla, oppure terrà l’avversario tanto caro da avere pietà di lui? Vorrebbe accordare all’uno e all’altra quanto richiedono; generosità e pietà gli domandano di esaudire entrambi, poiché egli è un cavaliere generoso e caritatevole. Se la damigella porterà con sé la testa, dunque pietà sarà vinta e morta; e se ella non l’avrà in suo potere, allora sarà sconfitta generosità”.


E poi, in terza persona, come fosse la sua coscienza:


“Al cavaliere non accadde mai di rifiutare di fare grazia una volta a un vinto ridotto a chiedergli pietà, si fosse anche trattato del suo peggiore nemico, senza tuttavia voler rinnovare tale gesto di clemenza. Non la rifiuterà dunque a costui che gliela implora, dal momento che tale è il suo costume”.

Allora Lancillotto, gli da una seconda possibilità armandolo di nuovo; se vincerà una seconda volta, almeno avrà vinto con lealtà contro un avversario armato.
E questo  passaggio è davvero singolare e regna il ruolo della caritas del cavaliere medievale.
La conformazione morale dell'eroe medievale è il risultato di un processo di perfezionamento interiore che ha come epilogo alcuni cardini assoluti di tutto il suo impianto etico.

Nel Perceval, racconto del Graal, il protagonista che poi riuscirà a vedere il Santo Graal  viene investito dal maestro che nell'atto di consegna della spada gli elenca quali ora sono i suoi doveri morali.

“Fratello, se combatterete con un cavaliere ricordatevi che, quando l’avversario è battuto e non può difendersi né resistere e chiede grazia, dovete, vi prego, averne misericordia e non ucciderlo. Non parlate troppo volentieri. Chi parla troppo pronuncia parole che potrebbero tornargli a follia. Chi troppo parla fa peccato, dice il saggio. Per questo, mio caro amico, ve ne sconsiglio. Vi prego anche: se vi accadesse di trovare in pericolo per mancanza di aiuto uomo o donna, orfano o dama, soccorreteli se potete. Farete bene. E infine ecco altra cosa che non bisogna dimenticare: andate spesso al monastero e pregate il Creatore di tutte le cose che abbia misericordia della vostra anima”. 


Possiamo notare che il suo massimo valore morale consiste nel difendere con la forza della sua spada chiunque non è in possesso di quella forza.
Il codice d'onore che prevede di non attaccare il nemico disarmato ha origine già nel mito antico.
Nell'Iliade di Omero viene raccontata la battaglia fra Diomede e Glauco.
Diomede fu uno dei più grandi eroi achei che si distinse nella storia per il suo complesso di valori morali e per aver sconfitto il Dio della guerra Ares.
Però, nella battaglia contro il nemico alleato ai troiani Glauco, dopo avergli chiesto il suo nome gettò la spada a terra e si rifiutò di colpirlo.
Allora anche Glauco non approfittò della situazione, ma anch'egli gettò le armi a terra e strinsero amicizia.
Come mai?
Diomede udito il nome dell'avversario, si ricordò che l'uomo di fronte ad egli era un caro amico di famiglia.
Questo principio di difesa del debole è un valore universale che ormai va scemando.

“Non incrociamo le lance tra noi, anche se siamo in battaglia; sono molti i Troiani e gli illustri alleati che io posso uccidere se un Dio me li manda davanti o se li raggiungo io stesso; e molti sono gli Achei che tu puoi abbattere. Scambiamoci invece le armi perché sappiano anche costoro che siamo ospiti per tradizione antica e questo è il nostro vanto.- Dopo aver così parlato balzarono entrambi dai carri, si strinsero la mano e si giurarono fedeltà” 

L'eroe Ercole fu quello che tra tutti incarnò le massime virtù eroiche, dal coraggio alla carità.
Ercole liberò la principessa Esione, ma non solo, anche Prometeo incatenato dagli dei.
In una delle sue celebri fatiche, quella della cattura del Cerbero, l'eroe incontrò Teseo imprigionato per punizione dal Dio Ade e anche in questo caso, lo liberò.
Quest'ultimo personaggio viene ricordato dalla tragedia greca come sovrano infinitamente generoso, ospitale e magnanimo.
Come possiamo vedere l'uomo eroico è colui che pone la sua forza al servizio dei deboli e indifesi.
Questo principio viene associato a quello metafisico della 'kenosis' ( greco κένωσις, 'svuotamento' ) : ciò che ascende deve poi discendere.


Bibliografia:

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