Il coronavirus non sta creando solo problemi sanitari e economici, ma anche dilemmi etici, cioè ci pone sfide significative su cosa sia giusto o sbagliato fare.
Cosa sarebbe stato giusto fare all'inizio della pandemia?
Come sarebbe stato giusto comunicare l'evolversi dell'epidemia?
Tutti ora siamo chiamati a una scelta etica: contribuire alle scelte politiche o combatterle.
E le regole deontologiche della medicina?
L'etica della cura si è andata modificando.
Al principio zero: "fare il bene del paziente", si è aggiunto: "il rispetto dell'autodeterminazione della persona malata, che richiede informazione e consenso nelle scelte, e il principio di equità nella ripartizione delle risorse".
Il movimento Choosing Wisely : “Non intubare pazienti fragili senza aver parlato con i familiari riguardo alle direttive anticipate del paziente, ogniqualvolta è possibile”.
Durante questa pandemia non si è quasi mai sentito parlare di "consenso del paziente e la raccolta delle sue preferenze" riguardo alle misure terapeutiche estreme, come se fossero un lusso che l’emergenza non ci permetteva di concederci.
“Ogniqualvolta è possibile”, certo, ma anzitutto bisogna riconoscere all’autodeterminazione i suoi diritti.
E poi?
Chiudendo con una domanda fastidiosa...
Se in un ospedale è rimasto solo un posto in terapia intensiva e ci sono due pazienti a necessitarlo ugualmente differendo solo per l'età, a chi concedere il posto?
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