STEP12) Etica Moderna


Thomas Hobbes è stato un filosofo e matematico britannico; grande appassionato del pensiero cartesiano e galileiano conosciuto nei circoli intellettuali e nei grandi viaggi che egli conduceva in Francia e in Italia.
Il nucleo fondamentale della razionalità hobbesiana  è la possibilità di organizzare i fenomeni naturali in una dimensione artificiale e quindi interamente calcolabile e controllabile dalla ragione umana.
La tematica del diritto di natura è comune a tutta la tradizione etica moderna e in Hobbes natura è sopratutto impulso  all'autoconservazione, che determina tutti i comportamenti dell'uomo.
In quanto spinto naturalmente a conservare la propria esistenza fisica e a espandere il proprio potere sulle cose, l'uomo è in linea di principio ostile a ogni altro uomo ("homo homini lupus").
Solo il calcolo razionale del vantaggio e della sicurezza lo induce a imporsi il vincolo sociale (contrattualismo) e le leggi.
Ecco i due elementi caratteristici dell'etica moderna, l'idea che la legge sia prodotto artificiale elaborata da calcoli di vantaggio e svantaggio; e l'idea che la condotta umana sia mossa da un impulso fondamentale che la determina necessariamente, di modo che l'etica può descrivere la condotta in maniera rigorosa, come la fisica fa con il moto.
L'idea di una descrizione scientifica del comportamento umano viene presa in considerazione da grandi filosofi come Spinoza e Cartesio.

«Se si conoscessero con ugual certezza le regole delle azioni umane come si conoscono quelle delle grandezze in geometria, sarebbero debellate l'ambizione e l'avidità, il cui potere si appoggia sulle false opinioni del volgo intorno al giusto e all'ingiusto; e la razza umana godrebbe una pace così costante, che non si riterrebbe di dover mai più combattere, se non per il territorio, in ragione del continuo aumento della popolazione».

Hobbes vuole cercare di costruire una morale naturalistica, un insieme di regole per servire l'istinto di conservazione.
Le valutazioni teoriche (vero e falso) sono puramente convenzionali, mentre quelle morali (bene e male) sono puramente soggettive.
Non vi è, dunque, nulla di assolutamente buono o cattivo e non vi è norma che valga a distinguere assolutamente il bene dal male.

«Il piacere o gioia è l'apparire del bene, la sensazione di questo , e la molestia o dispiacere è l'apparizione del male, la sensazione di esso. Di conseguenza ogni appetito, desiderio, e amore è accompagnato da un certo piacere, pari o meno grande; e ogni odio o avversione da dispiacere e dolore più o meno grande.»

In generale, si denota come "bene" ciò che si desidera e con "male" ciò che si odia; e poichè il raggiungimento di ciò che si desidera procura piacere e di conseguenza genera movimento della vita, così le cose piacevoli sono dette "giovevoli" e "belle".
Visto che nelle mente umana possono alternarsi desideri diversi e opposti, ivi nasce uno stato di deliberazione che termina con l'atto di volontà, ovvero decisione di agire o meno.
Quest'ultima cosa suddetta implica che l'uomo non potrà mai raggiungere uno stato definitivo di quiete, perciò non si può parlare di un sommo bene e di un fine ultimo nella vita dell'uomo.
Per essere definito "ultimo", un bene dovrebbe essere tale, che dopo di esso non si dovrebbe desiderare altro.

"la vita è un movimento incessante che, quando non può continuare in linea retta, si trasforma in moto circolare ".




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